Ammostamento

IMG_3085L’ammostamento è la fase di produzione della birra che indica il processo di idratazione dell’orzo, l’attivazione degli enzimi del malto, e converte gli amidi dei grani in zuccheri fermentabili.

Ci sono molti gruppi di enzimi che prendono parte nella conversione degli amidi in zuccheri. Durante la maltazione, gli enzimi beta-glucanasici e proteolitici preparano gli amidi per essere facilmente aggrediti e convertiti in zuccheri. Durante l’ammostamento l’avvenimento principale è la conversione delle molecole di amido in zuccheri fermentabili e in destrine non fermentabili tramite gli enzimi diastatici. Ognuno di questi gruppi di enzimi è favorito da differenti temperature e condizioni di pH. Un homebrewer può aggiustare la temperatura di ammostamento per favorire la funzione di ciascun successivo enzima e quindi adattare il mosto secondo i propri gusti e le proprie intenzioni.

Gli amidi nel mosto possono essere disciolti in acqua a 55°C, e raggiungono il massimo scioglimento a 65°C. Sia i grani maltati che quelli non maltati hanno le loro riserve di amidi bloccate in una matrice (ndr: tipo gomitolo) di proteine/carboidrati. Questa “barriera” evita che gli enzimi entrino in contatto con gli amidi per la conversione. L’amido nel grano non maltato è più “bloccato” che nel grano maltato e rompere o schiacciare il grano aiuta lo scioglimento degli amidi durante l’ammostamento. Una volta disciolti in acqua, gli amidi possono essere gelatinizzati(resi solubili). Ovvero si portano ad una determinata temperatura questi grani non maltati e si attende che il calore rompa queste barriere. Successivamente sarà comunque necessario ammostare questi grani con il resto dei grani.

Enzima Range ottimale di Temperatura Range di lavoro del pH Funzione
 Fitasi  30-52°C 5.0-5.5 Abbassa il pH del mosto.Non più usato
 Debranching 35-45°C 5.0-5.8 Solubilizzazione degli amidi
 BetaGlucanasi 35-45°C 4.5-5.5 Rottura delle proteine
 Peptidasi 45-55°C 4.6-5.3 Produce Free AminoNitrogen (FAN).
 Proteasi 45-55°C 4.6-5.3 Rompe le grosse proteine che formano la sospensione
 Beta Amilasi 55-65°C 5.0-5.5 Produce maltosio
 Alpha Amilasi 68-72°C 5.3-5.7 Produce una varietà di zuccheri, incluso il maltosio.

Nota: i numeri sopra indicati sono mediati da differenti fonti e devono essere interpretati come i range ottimali tipici. Gli enzimi saranno attivi anche al di fuori dei range indicati ma saranno distrutti appena la temperatura salirà oltre il proprio range.

Acid Rest e Modificazione

Prima dell’inizio del secolo scorso, quando l’interazione del malto con la chimica dell’acqua non era ancora ben compresa, i mastri birrai a Pilsen usavano un range di temperatura di 30-52°C per attivare l’enzima della fitasi con lo scopo di acidificare il mosto. L’acqua in questa zone era così pura e povera di minerali che il normale ammostamento non avrebbe garantito il raggiungimento del giusto pH senza questo Acid Rest. La maggior parte delle altre zone di birrificazione nel mondo non avevano questo problema.
Il malto è  ricco di fitina, un fosfato organico contenente calcio e magnesio. La fitasi rompe la fitina in fosfati insolubili di calcio e magnesio e acido fitico. Il processo abbassa il pH rimuovendo gli ioni tampone e producendo questo acido debole. L’Acid Rest non è più usato ai giorni nostri perchè sono necessarie parecchie ore a finchè l’enzima abbassi il pH al range desiderato 5.0-5.5. Oggi, tramite la conoscenza della chimica delle acque e aggiunte appropriate di sali, i giusti valori di pH possono essere raggiunti senza bisogno di un Acid Rest.

Dough-In (Step-In)

Per quanto ne sappia, lo step di temperatura per la fitasi non è più usato da nessun birrificio commerciale. Però questo range di temperatura (35-45°C) è talvolta usato dagli homebrewer per il Dough-In o Step-In: mescolare le trebbie con l’acqua per lasciare il tempo agli amidi del malto di mescolarsi con l’acqua e agli enzimi di distribuirsi. Gli enzimi sono maggiormente attivi in questo range di temperature e rompono una piccola percentuale di destrine in questo stage iniziale dell’ammostamento. La maggior parte del debranching avviene durante la maltazione come parte del processo di modificazione. Solo una piccola percentuale degli enzimi di debranching sopravvive al processo di essicatura dopo la maltazione, quindi non ci si può aspettare molto da questa sosta enzimatica. Dopo tutto quello che e’ stato detto, l’uso di un rest a temperature intorno ai 40°C ha dimostrato di essere di beneficio al miglioramento della resa di tutti i malti enzimatici. Questo step è considerato opzionale ma può migliorare l’estrazione di un paio di punti.

Protein Rest e Modificazione

Malti poco modificati beneficiano di un Protein Rest per spezzare le grosse proteine
rimanenti in piccole proteine e aminoacidi, così come per rilasciare ulteriormente amidi dall’endosperma. Malti completamente modificati hanno già fatto uso di questi enzimi e non beneficiano di ulteriore tempo speso nel regime di Protein Rest.
Infatti, fare un Protein Rest con malti completamente modificati tende a rimuovere la maggior parte del corpo di una birra, lasciandola poco consistente ed acquosa. La maggior parte dei malti base in uso sono completamente modificati. Malti meno modificati sono spesso disponibili dalle malterie tedesche. Gli homebrewer hanno riferito di sapori più pieni e maltati usando malti poco modificati e fanno uso di questo rest.
Il malto d’orzo contiene molte catene di aminoacidi che formano le proteine semplici necessarie alla germinazione della pianta. Nel mosto, queste proteine sono invece utilizzate dal lievito per la loro crescita e sviluppo. Molte proteine del mosto, inclusi certi enzimi come l’amilasi, non sono solubili finchè il mosto raggiunge temperature associate al Protein Rest (45-55°C).
I due enzimi proteolitici responsabili sono la peptidasi e la proteasi.
  • La peptidasi lavora per fornire al mosto gli aminoacidi che saranno usati dal lievito.
  • La proteasi lavora per spezzare le lunghe catene di proteine per migliorare la ritenzione di schiuma della birra e ridurre la torbidità.

Nei malti completamente modificati, questi enzimi hanno già fatto il loro lavoro durante il processo di maltazione. I range di temperatura e pH per questi due enzimi si sovrappongono. Il pH ottimale è 4.2-5.3 ed entrambi gli enzimi sono attivi a temperature tra i 45 e i 55°C.

Non c’è bisogno di tentare di abbassare il pH del mosto per facilitare l’uso di questi enzimi. Il tipico Protein Rest a 50-55°C è usato per rompere le proteine che altrimenti potrebbero causare torbidità alla birra fredda (chill haze) e può migliorare la ritenzione di schiuma. Questa sosta dovrebbe essere usata solo quando si usano malti mediamente modificati, o quando si usano malti totalmente modificati con grosse proporzioni (> 25%) di grani non maltati, fiocchi di orzo, frumento, riso, avena. Usare questa sosta in un mash che consiste principalmente in malti completamente modificati romperebbe le proteine responsabili del corpo della birra e della ritenzione della schiuma, e risulterebbe in una birra inconsistente ed acquosa. La durata standard per il Protein Rest è 20-30 minuti.

Beta-Glucanase Rest

Gli altri enzimi in questo range di temperature sono i beta-glucanasi/citasi, parte della famiglia degli enzimi della cellulosa, e sono usati per rompere i beta-glucani nel frumento (non) maltato, riso, avena e orzo non maltato. Questi glucani emi-cellulosici(brambles) sono responsabili della gommosità dell’impasto e se non spezzati, provocherebbero la trasformazione del mosto in una impasto solido pronto per essere infornato. Fortunatamente, il range di temperatura ottimale per gli enzimi della beta-glucanasi sono al di sotto di quelli per gli enzimi proteolitici. Questo consente all’homebrewer di sostare il mosto a 37-45°C per 20 minuti per rompere i composti gommosi senza intaccare le proteine necessarie alla ritenzione della schiuma e al corpo. L’uso di questa sosta è necessaria solo per gli homebrewer che incorporano una grossa quantità (> 25%) di frumento non maltato o in fiocchi, riso o avena nel mosto. Con quantitativi inferiori, casi di mosti viscosi e filtraggi difficili possono di solito essere gestiti incrementando la temperatura di mashout.

Saccarification Rest (Conversione degli amidi)

Finalmente siamo arrivati all’evento principale: ottenere zucchero dalle riserve d’amido. In questo regime gli enzimi diastatici cominciano ad agire sugli amidi, rompendoli in zuccheri (da qui il termine saccarificazione).
Le amilasi sono gli enzimi che funzionano idrolizzando i legami lineari a catena tra le singole molecole di glucosio che costituiscono le catene di amidi. Una singola catena lineare di amido è chiamata amilosio. Una catena d’amido ramificata (che può essere considerata come costituita da più catene di amilosio) è chiamata amilopectina.
Ci sono due enzimi che permettono la creazione di zuccheri: l’alfa-amilasi e la beta-amilasi. Mentre la beta è già esistente, l’alfa è creata dalla modificazione proteica nello strato aleuronico durante la maltazione. L’amilasi non diventerà nemmeno solubile ed utilizzabile fino a che il mosto raggiungerà le temperature del Protein Rest, e nel caso di malti moderatamente modificati, l’alfa amilasi potrebbe avere un minimo di genesi ancora da completare. La beta-amilasi funziona idrolizzando i legami lineari a catena, ma può solo funzionare sui legami esterni della catena, non sui legame interni. Può rimuovere solo un’unita di zucchero (maltosio) alla volta(ricordiamo che un’unità di maltosio è composta da due molecole di glucosio).
L’Alfa-amilasi funziona anche lei idrolizzando i legami lineari a catena, ma può attaccarli in maniera casuale. L’Alfa-amilasi è strumentale nel rompere larghe amilopectine in piccole amilopectine e amilosio, creando più estremità per la Beta-amilasi da utilizzare.
La temperatura più usata per il mashing è 67°C. Questo è un compromesso tra le due temperature che i due enzimi preferiscono. Alfa lavora bene tra 68-72°C, mentre Beta è denaturata (le molecole si spezzano e cadono da queste temperature, lavorando al meglio tra 55-65°C).

Controllo della conversione

L’homebrewer può usare la tintura di iodio per controllare se gli amidi sono stati completamente convertiti in zuccheri. In presenza di amidi lo iodo assumerà un colore nero. Gli enzimi di ammostamento dovrebbero convertire tutti gli amidi, con il risultato di nessun cambiamento di colore quando un paio di gocce di tintura di iodio sono aggiunte ad un campione di mosto (il mosto non deve contenere particelle di trebbie).
Mosti ricchi in destrine daranno un colore rosso intenso quando si esegue il test dello iodio.
Grazie a questa conoscenza è possibile personalizzare il mosto in termini di fermentabilità. Una temperatura più bassa di mash, minore o uguale a 65°C, darà una birra con poco corpo, secca. Una temperatura di mashing più alta, maggiore o uguale a 74°C, darà una birra meno fermentabile, più dolce. Qui è dove un homebrewer può realmente intervenire per calibrare finemente un mosto per produrre un particolare stile di birra.

Modificare lo Step di conversione degli amidi

Ci sono altri due fattori oltre la temperatura che possono influenzare l’attività enzimatica dell’amilasi. Questi sono il rapporto acqua/grani e il pH. La Beta-amilasi è favorita da un mosto a pH basso, circa 5. Alfa è favorita da un pH più alto, circa 5.7. D’altronde, un mosto ottimale per la beta-amilasi non è un mosto molto fermentabile, lasciando un sacco di amido amilopectina non convertito; l’Alfa-amilasi è necessaria per rompere le larghe catene in modo che le beta-amilasi possano agire su di esse. Probabilmente, un mosto ottimale per l’Alfa-amilasi non avrebbe un’alta percentuale di maltosio ma invece una distribuzione casuale di zuccheri di varia complessità. Quindi, deve essere fatto un compromesso tra i pH ottimali dei due enzimi. Possono essere usati sali per la birrificazione per aumentare o diminuire il pH, ma questi sali possono essere usati in quantitativi limitati perchè influenzano anche il sapore.
La selezione dei malti può influenzare il pH tanto quanto l’aggiunta di sali in molte situazioni. Il pH del mosto durante l’ammostamento può essere controllato con cartine di test del pH.
Il rapporto acqua/grani è un altro fattore che influenza la resa di un ammostamento. Un mosto più fluido con più di 4 litri d’acqua per ogni chilogrammo di grani diluisce la concentrazione relativa degli enzimi, rallentando la conversione, ma alla fine porta ad avere un mosto più fermentabile perchè gli enzimi non sono inibiti dall’alta concentrazione di zuccheri. Un mosto più denso con meno di 2.5 L d’acqua per Kg di grani è migliore per spezzare le proteine causando anche una conversione di tutti gli amidi più veloce, ma gli zuccheri risultanti saranno meno fermentabili e ne risulterà una birra dolce e maltata.
Un mosto fluido è preferibile per un ammostamento multistep perchè gli enzimi non saranno denaturati così velocemente da un innalzamento della temperatura. La conversione degli amidi può essere completa in solo 30 minuti, così durante il resto del mash di 60 minuti, l’homebrewer può lavorare sulle condizioni di ammostamento per produrre il profilo desiderato di zuccheri nel mosto. A seconda del pH del mosto, del rapporto acqua/grani e temperatura, il tempo richiesto per completare l’ammostamento può variare tra 30 a oltre 90 minuti.
A temperature più alte, con un mosto più denso e un pH più alto, l’alfa amilasi sarà favorita e la conversione degli amidi si completerà in 30 minuti o meno. Tempi più lunghi lasceranno alla beta-amilasi il tempo di spezzare più zuccheri complessi in zuccheri semplici, con il risultato di un mosto più fermentabile, ma se le condizioni favoriscono le Alfa automaticamente deattiveranno le Beta.  Un buon compromesso tra tutti i fattori è quello di fornire delle condizioni standard di mash, ovvero un rapporto di 3 litri d’acqua per kg di grani, pH di 5.3, temperatura di 65-70°C e tempo di circa un’ora. Queste condizioni portano ad avere un mosto con una buon contenuto di malto e una buona fermentabilità.