Rimasuglio 3.0

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Per la versione 3.0 della Rimasuglio verrà creata una British Brown Ale.

Condivido sul blog la ricetta studiata.

 

 

RICETTA RIMASUGLIO 3.0
SPECIFICHE DATI
DATA 15/03/2016
STILE British Brown Ale
LT 27
OG 1,048
FG 1,01
PLATO 11,96
GU 1296
ALC/VOL 5,1
BU:GU 0,48
BU:GU reale 0,49
IBU 23
AA(%) 79,17
EFFICIENZA DI AMMOSTAMENTO 0,72
MALTI PESO(Kg)
PALE 2,4
MONACO 1,8
MELADOININ 0,321
ZUCCHERO CANDITO BRUNO 0,341
CRYSTAL 0,643
ROAST 0,144
SPECIAL B 0,193
LUPPOLI IBU gr TEMPO
EST KENT GOLDING 12 22,5 75
EST KENT GOLDING 8 35,2 25
EST KENT GOLDING 3 31,1 5
MASH T PH
STEP IN 0 0
PROTEASI 10 55
BETA-AMILASI 60 62
ALFA-AMILASI 0 0
STEP OFF 10 78
SPEZIE PESO TEMPO
LIEVITO
T-58 STARTER = NO
ESTRATTO SECCO = 0
ZUCCHERO = 0
tabella realizzata con HBC v3.1

Ricetta Linda Blanche

RICETTA LINDA BLANCHE
SPECIFICHE DATI
DATA 23/02/2016
STILE Witbier
LT 27
OG 1,048
FG 1,01
PLATO 11,96
GU 1296
ALC/VOL 5,1
BU:GU 0,37
BU:GU reale 0,38
IBU 18
AA(%) 79,17
EFFICIENZA DI AMMOSTAMENTO 0,72
MALTI PESO(Kg)
PILS 3
FRUMENTO FIOCCHI 2,7
AVENA FIOCCHI 0,3
LUPPOLI IBU gr TEMPO
SAAZ 12 40 50
SAAZ 6,6 60 20
MASH T PH
STEP IN 0 0
PROTEASI 0 0
BETA-AMILASI 60 62
ALFA-AMILASI 0 0
STEP OFF 10 78
SPEZIE PESO TEMPO
CORIANDOLO 35 10
BUCCIA D’ARANCIA 140 10
LIEVITO
WLP400 BelgianWit Ale Yeast STARTER = SI
ESTRATTO SECCO = 0,1
ZUCCHERO = 0,1
tabella realizzata con HBC v3.1

HBC – Home Brewer Calc

HBC – Home Brewer Calc nasce dall’esigenza di velocizzare ed automatizzare ogni aspetto riguardante la creazione di ricette, la giacenza delle materie prime e il calcolo delle spese di produzione.

HBC è stato interamente sviluppato con Microsoft Excel unito a macro VBA. Le caratteristiche principali sono:

  • Un FOGLIO DI CALCOLO utile alla realizzazione delle ricette
  • Gestione MAGAZZINO con quantitativi e scadenze
  • Gestione COSTI
  • Una STAMPA della ricetta in formato PDF e/o HTML
  • Backup magazzino con eventuale ripristino

FOGLIO DI CALCOLO

Immagine1Il FOGLIO DI CALCOLO contiene la struttura principale dell’applicativo. Da qui è possibile realizzare la ricetta andando specificando OG, Lt, IBU…

Il FOGLIO DI CALCOLO è suddiviso in diverse sezioni ognuna con caratteristiche e compiti differenti. Nella prima sezione l’homebrewer inserisce i principali parametri che porteranno alla realizzazione della ricetta. Nel dettaglio sarà necessario digitare

  • Lt, OG, FG, IBU e Efficienza di ammostamento

in automatico verranno calcolati i seguenti valori

  • PLATO, GU, BU:GY, AA(%), ALC/VOL

Nel caso in cui si intende conoscere le caratteristiche di un determinato stile birraio il FOGLIO DI CALCOLO visualizza tutti i dati necessari grazie all’archiviazione della linea guida del BJCP (aggiornato al  2015). 
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Nella seconda sezione è possibile decidere la percentuale e/o il peso dei malti che si intende impiegare in ricetta. Per esempio, è possibile inserire una lista di malti rispettando una proporzione espressa in %. Automaticamente verrà calcolato il rispettivo peso.

Immagine3La terza sezione è dedicata all’ammostamento. Sarà possibile inserire i parametri scelti per le varie fasi enzimatiche con relative tempistiche e misurazioni di Ph.

Di notevole importanza è la sezione riguardante la LETTURA PRE-BOIL. In questa tabella l’homebrewer inserisce alcuni parametri di lettura che verranno impiegati dall’applicativo per il corretto calcolo dei Luppoli da inserire.

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Si giunge così alla quarta sezione, quella dedicata alla lista dei LUPPOLI. La tabella elenca una lista di luppoli, e per ogni luppolo vengono gestite 3 differenti “gittate”. Il calcolo avviene in due differenti modalità: impostando peso e tempo viene calcolato il corrispondente valore in IBU, oppure, impostando IBU e tempo viene calcolato il corrispondente peso.

Immagine5L’ultima sezione comprende il calcolo di eventuali spezie da aggiungere in ricetta, il lievito impiegato con relativo starter, dati riguardanti il periodo di fermentazione, dati riguardanti l’imbottigliamento con automatico calcolo dello zucchero da aggiungere in fase di rifermentazione (PRIMING).

MAGAZZINO

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Lo strumento MAGAZZINO aiuta l’homebrewer a tenere sotto controllo la propria giacenza di materie prime.  Il corretto allineamento dei dati permette di sfruttare un’altra potenzialità, quella relativa alla verifica della disponibilità. In HBC esistono due pulsanti chiamati ‘VERIFICA DISPONIBILITA PRODOTTI’ e ‘AGGIORNA MAGAZZINO’.

Con VERIFICA DISPONIBILITA’ PRODOTTI viene attivata una macro che verifica l’effettiva giacenza delle materie prime con quanto impostato in ricetta. In questo modo l’homebrewer saprà, in anticipo, se le materie prime scelte sono effettivamente disponibili.

Il pulsante AGGIORNA MAGAZZINO esegue un aggiornamento dei dati in MAGAZZINO. Normalmente l’utilizzo di questo pulsante avviene quando la lista delle materie prime scelte è definitiva. Il suo impiego andrà ad aggiornare il quantitativo in MAGAZZINO.

In caso di errori o ripensamenti si potrà sempre ripristinare il vecchio magazzino grazie all’opzione di RIPRISTINO ULTIMA VERSIONE.

 COSTI

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La sezione COSTI è utile per tener traccia delle spese e del relativo costo di produzione. All’interno di questa sezione è possibile tener traccia di tutte le spese. In fondo alla tabella viene visualizzato il costo effettivo della birra a litro e relativo calcolo a bottiglia (33cl, 50cl, 75cl).

STAMPA

Immagine9Utile per una consultazione veloce durante la cotta, da qui è possibile creare una stampa della ricetta. La ricetta conterrà le materie prime e le fasi di mashing. Tutto per una facile consultazione.

E’ prevista la generazione della ricetta in formato HTML utile per chi come me ha necessità di pubblicare la propria ricetta sul web.

Versione attualmente disponibile v 3.1

HBC è un prodotto realizzato dal Giovanni Bruno.

Le materie prime

Quattro sono gli ingredienti che nella quasi totalità dei casi leggiamo nel retroetichetta della bottiglia: malto d’orzo e quindi, più in generale i cereali, il luppolo, l’acqua e il lievito.

I cereali

L’ingrediente che dona gli zuccheri necessari per dar vita alla fermentazione alcolica è il cereale. Il birraio può scegliere tra numerose varietà: orzo, frumento, segale, mais, avena, farro, per citarne alcuni. Uno tra questi però è considerato a buon ragione il cereale perfetto. Così come il grano è il principe della panificazione, l’orzo sembra nato per finire nei tini di un birrificio: è ricco di amido, zucchero complesso; ha un rivestimento della cariosside che crea un letto naturale per la filtrazione; contiene degli enzimi che una volta attivati rendono la vita molto facile ai lieviti, e, aspetto non da poco, regala alla birra sapori e profumi affascinanti. Non è un caso allora se questa pianta è stata scelta dall’uomo del neolitico, qualcosa come 10.000 anni fa per produrre birra. Tra le numerose varietà di orzo coltivate a scopi birrari, le più diffuse sono due: l’orzo distico, contraddistinto da due file di chicchi sulla spiga e amante di climi freschi e l’orzo esastico, con sei file di chicchi coltivato tendenzialmente in aree più calde. In genere i produttori di birra preferiscono il primo al secondo per motivi produttivi e qualitativi del prodotto finale.

Il malto

Per facilitare il processo di fermentazione e dotare il chicco di un peculiare corredo aromatico e cromatico i cereali, generalmente l’orzo, vengono maltati. Con il termine malto si indica un cereale che ha subito la maltazione, ovvero, un processo di germinazione e successiva essiccazione.
L’obiettivo è quello di attivare gli enzimi contenuti nel chicco, in modo da facilitare durante la produzione l’estrazione di zuccheri semplici (maltosio e destrine) dall’amido, carboidrato complesso. Il maltosio sarò poi trasformato dai lieviti in alcol etilico e anidride carbonica. Nella malteria il chicco viene idratato, in modo da creare quelle condizioni ambientali ideali per far partire la germinazione, e successivamente asciugato su pavimenti in ambienti ben areati a temperature intorno ai 16 C°. Il chicco in questa fase si trova nei germinatoi, dove viene rigirato più volte al giorno per permettere una corretta ossigenazione ed evitare che i germogli si attorciglino l’un con l’altro. Quando, dopo poco più di una settimana, la radichetta ha raggiunto i due terzi del chicco e gli enzimi hanno contribuito ad importanti trasformazioni biochimiche, il cereale tallito, ovvero germinato, viene trasferito nel forno di maltaggio. Qui si pone fine alla germinazione scaldando il cereale a temperature che arrivano ai 70° circa per i malti chiari fino agli oltre 200° di alcuni malti tostati. Dopo la fase di essiccazione i malti vengono raffreddati e la radichetta viene rimossa. Per ogni birra si può usare un malto soltanto o più malti differenti e aggiungere anche cereali non maltati. La legislazione italiana stabilisce che si possa chiamare birra quella bevanda prodotta dalla fermentazione di un mosto di cereali ottenuto con almeno il 60% di frumento o orzo maltati.

Malti base

Sono chiamati così i malti caratterizzati da un elevato potere enzimatico e da una resa produttiva importante. Ne fanno parte malti presenti in molte ricette come i chiari Pale o Pilsner, alla base di molte birre dorate, ma anche malti prodotti a temperature più elevate che colorano d’ambra la nostra birra e contribuiscono ai tipici profumi biscottati, come ad esempio il malto Vienna e il Monaco.

Malti speciali

Il birraio può decidere di introdurre malti speciali nella sua ricetta per contribuire a dare un
particolare colore, sapore, aroma alla birra o per aggiungere proteine e quindi migliorare la schiuma o ancora per modificare il corpo e la struttura. Solitamente sono utilizzati in percentuali più basse rispetto ai malti base. Tra questi ricordiamo il malto caramello come il CaraMunich, CaraVienna, o ancora il Crystal, che donano sensazioni dolci come il mou, oppure i malti torrefatti, che colorano di nero la nostra birra e la arricchiscono di note che ricordano il caffè, il cacao.

Malti affumicati

Sono malti che hanno subito un processo di essiccazione tramite aria calda ottenuta dal riscaldamento di pellets di faggio o quercia. Sono usati in piccola percentuale, visto che caratterizzano in maniera netta la birra con sentori che richimano lo speck o la provola, come per la famosa Schlenkerla di Bamberga. Appartengono a questa categoria anche i malti torbati, utilizzati per la produzione di whisky, affumicati con torba, un composto organico di natura vegetale che bruciato produce aromi estremamente caratteristici.

Il luppolo

C’era una volta un mix di erbe aromatiche, spezie e radici chiamato Gruyt, che il birraio utilizzava per bilanciare il dolce del malto e dare stabilità e longevità grazie alle proprietà antisettiche di alcuni ingredienti. C’era, perché a partire dal XII secolo il luppolo, o più esattamente, l’infiorescenza del luppolo, una pianta rampicante appartenente alla famiglia delle Cannabacee, ha relegato il Gruyt ai libri di storia. Ma quali sono le qualità così straordinarie di questo fiore, tali da decretarne la sua diffusione in ogni birrificio del pianeta? I birrai amano il luppolo perché i suoi fiori sono ricchi di una sostanza resinosa (alfa e beta acidi) che dona amaro, e di oli essenziali, che rilasciano aromi e profumi. Come se non bastasse assicura stabilità con le sue proprietà antibatteriche, antiossidanti e favorisce la formazione della schiuma. Il suo contributo come componente amaricante è essenziale per ottenere una bevanda equilibrata e gradevole, che altrimenti risulterebbe imbevibile. In produzione di distinguono due tipi di luppolo utilizzati in differenti momenti della bollitura del mosto: gli amaricanti, a cui è affidato il compito di dare amaro, per il contenuto e la qualità degli alfa acidi, mentre alle varietà ricche di oli essenziali spetta l’importante missione di emozionarci con sensazioni olfattive e aromatiche uniche. Esistono molteplici tipologie di luppolo utilizzate dal birraio per creare bouquet variegati che possono prevedere note erbacee, pepate, terrose, fruttate, anche inconsuete. Sono storici i luppoli di Poperinge in Belgio, con l’inconfondibile nota di erba cipollina, i luppoli inglesi, come il floreale Fuggle o il nobile East Kent Golding, o ancora l’elegante luppolo ceco Saaz, e i tedeschi Tettnanger, dalle intriganti note erbacee. Più recente, ma molto diffuso, l’utilizzo di luppoli americani come il Cascade, dalle note resinose e di pompelmo rosa, e il Citra, dalle sensazione di frutta esotica, o il neozelandese Nelson Sauvin, con i suoi profumi caratterizzanti di uva spina e frutto della passione.

L’acqua

Un ingrediente troppo spesso sottovalutato ma che in realtà gioca un ruolo centrale, sia per un discorso meramente quantitativo, rappresentando oltre il 90% della birra, sia, soprattutto, qualitativo. Non tutti forse sanno che l’acqua incide in maniera evidente sul risultato finale di una birra, costringendo il birraio a prendere in considerazione le caratteristiche della falda acquifera adeguando le ricette. Quanto l’acqua sia importante nella produzione ce lo ricorda la storia della birra, quando l’ubicazione di un birrificio veniva individuata in prossimità di una fonte idonea che assicurasse acque microbiologicamente pure e adatte alla produzione. L’acqua ha giocato un ruolo fondamentale per molte birre del passato. Ad esempio la rinomata pils ceca, non sarebbe la stessa senza le caratteristiche uniche della fonte di Pilsen, dolce e dal buon livello salino, perfetta per realizzare una dorata, fresca e delicata. Senza dubbio contribuirono a rendere famose le ale inglesi le acque dure, ricche di calcio di Burton upon Trent in Inghilterra, come quelle di Dublino, con alti livelli di bicarbonati, resero immortale la nera stout irlandese. In linea di massima non esiste un acqua perfetta: la scelta dipende molto dalla tipologia che si vuole realizzare. Infatti pH e durezza possono dire la loro influenzando alcune componenti solubili del malto, il corpo, ma anche l’azione di vari enzimi fino all’estrazione delle sostanze amare del luppolo. Oggi esistono metodi e tecnologia per correggere il contenuto salino di un’acqua o, addirittura, per demineralizzarla e ricostruirla aggiungendo i sali più opportuni.

Il lievito

Un microorganismo unicellulare, un fungo, capace di compiere una magia senza uguali: trasformare il mosto in birra. Senza nulla togliere al ruolo del malto, luppolo e acqua, il primo attore è sicuramente il lievito, che non si limita a trasformare gli zuccheri in alcol e anidride carbonica, ma contribuisce a caratterizzare la birra in ogni suo aspetto, dalla schiuma, agli aromi, fino al corpo. Per comprendere l’importanza del lievito è sufficiente ricordare come le birre siano classificate in tre macrocategorie individuate sulla base del lievito utilizzato. Molti stili storici soprattutto inglesi e belgi, ma anche alcuni tedeschi (come le Weizen), appartengono all’alta fermentazione, dove protagonista è il Saccharomyces Cerevisiae, lievito utilizzato nella produzione del pane come del vino. Predilige temperature tra i 14 e i 25 gradi e durante il processo sale in superficie del tino di
fermentazione. Le birre ottenute sono genericamente denominate Ale. Nella bassa fermentazione, altra macro categoria dove ci rientrano per intenderci Pils e Bock, quindi birre tipicamente tedesche e ceche, l’attore della fermentazione è il Saccharomyces Carlsbergensis che ama temperature più basse (tra i 5 e i 12 gradi) e durante il processo si deposita sul fondo del tino. Le birre appartenenti a questa famiglia vengono genericamente denominate Lager, termine tedesco che significa magazzino, riferendosi al periodo di sosta durante la maturazione nei tini. La terza macrocategoria è la fermentazione spontanea, che diede vita alle prime birre prodotte dall’uomo, visto che avviene in maniera assolutamente spontanea appunto, senza cioè alcun inoculo (inserimento del lievito nel mosto) da parte del produttore, innescata naturalmente dai lieviti presenti nell’aria. Oggi la produzione di birre a fermentazione spontanea è limitatissima: fulgidi esempi, tutti provenienti dal Belgio, sono i Lambic, le Gueuse, le Kriek, le Framboise, anche se non mancano interessanti sperimentazioni negli USA e in Italia.

La produzione

Dopo aver definito la ricetta e ordinato le materie prime necessarie, il birraio è pronto per iniziare la produzione.

Macinazione

La prima fase è quella della frantumazione dei grani di malto d’orzo e di eventuali altri cereali impiegati. Questa azione favorirà il discioglimento del contenuto zuccherino, delle proteine e delle sostanze aromatiche, di cui il chicco e ricco, nell’acqua. Questa operazione in apparenza banale riveste una notevole importanza sul risultato finale ed una scorretta macinazione può causare problemi (es. sensazioni astringenti in caso di eccessivo sfarinamento o una resa non ottimale nel caso di macinazione grossolana).

Ammostamento

Il cereale così macinato viene miscelato in acqua. Per permettere la dissoluzione di quel corredo aromatico e zuccherino che un buon mosto richiede, il birraio riscalda l’acqua seguendo una serie di pause a temperature stabilite in modo da attivare quegli enzimi, responsabili della degradazione dell’amido (zucchero complesso) in maltosio e destrine (zucchero semplice). Per innescare questo processo che agevolerà il lavoro dei lieviti sono necessarie particolari condizioni di temperatura e acidità. L’ammostamento è quindi una fase cruciale, momento decisivo in cui si disegna l’architrave di una birra, selezionando i cereali e determinando fattori come corpo, grado alcolico, schiuma, attenuazione, etc..

Metodi di ammostamento

Il birraio può adottare differenti metodi di ammostamento. Si parla di infusione, quando la miscela viene progressivamente portata a determinati livelli di temperatura tramite riscaldamento diretto; di infusione all’inglese, se l’acqua viene scaldata separatamente e aggiunta al cereale macinato; di decozione, qualora una parte della soluzione acqua/cereale viene separata e portata ad ebollizione, e successivamente unito alla miscela principale consentendo l’aumento di temperatura desiderato.

La filtrazione

Il mosto così ottenuto presenta parti di cereale, impurità che devono essere eliminate. Si passa dunque alla filtrazione che avviene solitamente grazie ad un doppio fondo presente nel tino di ammostamento che permette di trattenere il cereale esausto, ovvero le trebbie (ricche di sostanze indesiderate che andrebbero a rilasciare sensazioni astringenti e amare molto sgradevoli). Dopo la prima filtrazione, presentando le trebbie ancora una quantità di zuccheri utili, si può procedere al recupero, aumentando così l’estrazione e l’efficienza della produzione, risciacquandole con acqua calda più volte e recuperando nuovo mosto attraverso ulteriori fasi di filtrazione (sparging).

Bollitura

La bollitura del mosto, successiva alla filtrazione, viene effettuata di norma per 90 minuti (ma si possono superare anche le 4 ore) e assolve a diverse funzioni: sterilizzare il mosto, concentrarlo mediante evaporazione, favorire la coagulazione e la successiva precipitazione di proteine e polifenoli, aromatizzare e amaricare con l’inserimento del luppolo, speziare e aggiungere ingredienti ulteriori (se previsti dalla ricetta). Proprio in questa fase fa la comparsa un ingrediente centrale nella produzione, il luppolo, a cui è affidato il compito di cedere amaro e aroma. I luppoli selezionati per dare amaro saranno inseriti in una fase iniziale della bollitura, essendo gli Alfa Acidi, responsabili dell’amaro, solubili in acqua; i luppoli da aroma, ricchi di oli essenziali, in una fase terminale, visto che i precursori responsabili dei profumi sono termolabili, ovvero sofferenti alle alte temperature.

Centrifuga e raffreddamento

Al termine della bollitura il mosto contiene elementi non graditi come i residui di luppolo e di
eventuali altri ingredienti aggiunti in bollitura, oltre alle proteine coagulate. Solitamente il birraio per raggiungere il fine procede con il whirlpool, ossia alla decantazione e rimozione delle parti solide, che grazie ad un movimento circolare del mosto, si posizionano nella parte centrale del tino. Il mosto è così pronto per essere fermentato, viene così pompato nei tini di fermentazione, passando attraverso uno scambiatore di calore che lo raffredda fino alla temperatura desiderata.

La fermentazione

Siamo finalmente giunti alla fase responsabile della trasformazione del mosto in birra. Merito della fermentazione alcolica, realizzata dai lieviti. Due sono i momenti principali di questo processo: una fase aerobica, ovvero in presenza d’aria, necessaria ad ossigenare il mosto e fornire al lievito uno spunto energetico necessario alla sua riproduzione, e una seconda fase anaerobica, in assenza di aria, in cui il lievito trasforma gli zuccheri fermentabili presenti nel mosto in alcool etilico e anidride carbonica (CO2), oltre ad altre sostanze che contribuiranno al gusto finale. Le temperature di fermentazione possono variare dai 5 sino ai 30°C, in relazione al ceppo di lievito utilizzato.

Maturazione

Quando il processo di fermentazione degli zuccheri è giunto a compimento, ossia dopo 3/7 giorni (a seconda del ceppo di lievito e della temperatura di fermentazione), e il 90 % circa degli zuccheri fermentescibili è stato fermentato, si travasa la birra giovane nei serbatoi di maturazione (sistema tradizionale) oppure si chiude ermeticamente il tank e comincia un lento abbassamento della temperatura fino ad un minimo di 1-4 °C. Parte la maturazione, altro momento decisivo per la birra, che qui si affina: il dolce del malto si armonizza con l’amaro del luppolo, gli aromi diventano più evidenti ed il lievito esausto si deposita sul fondo del serbatoio (oppurtunemente spurgato dal birraio per evitare sensazioni sgradevoli). La maturazione ha una durata differente a seconda della birra prodotta (maggiore per le lager). In maturazione, cosi come in fermentazione, possono venire aggiunte sostanze aromatizzanti come luppolo (si parla in tal caso di dry hopping) o frutta. Terminata questa fase la birra è pronta per essere confezionata (in fusto o bottiglia) per il consumo.

Rifermentazione

Per molti stili di birra ad alta fermentazione si procede, alla fine della fermentazione primaria, con l’infustamento o imbottigliamento, spesso previa filtrazione, aggiungendo nuovo lievito e nuovo mosto o altre sostanze zuccherine (zucchero, zucchero candito, zucchero di canna e qualsiasi altra sostanza utile al nutrimento fermentativo del lievito). La rifermentazione migliora la stabilità e dona complessità alla birra.

Tratto da Fermento Birra

Novità Birrarie 2015

E’ trascorso del tempo dal mio ultimo articolo. Molti impegni lavorativi e non mi hanno tenuto lontano da questo blog ma questi non hanno intralciato la mia produzione di birra.

Con il nuovo “anno brassicolo” ho deciso di apportare migliorie in alcuni settori della produzione casalinga che, c’entrano poco con l’arte del brassare, ma non per questo ricoprono un ruolo meno importante.

Per prima cosa tutte le etichette realizzate fino ad oggi verranno sostituite con una nuova linea. In particolare ho deciso di adoperare uno stile comune a tutte le etichette in modo da crearne uno stile identificativo personale:

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Altra novità riguarda l’informatizzazione dei sistemi di calcolo e di salvataggio dati. Fino ad oggi ho sempre sviluppato le mie ricette calcolando quantitativi “a mano”. L’esperienza fatta fino ad oggi mi ha fornito i giusti mezzi di conoscenza e questo mi ha spinto a sviluppare uno strumento di calcolo per “trascrivere” ed automatizzare tutti questi calcoli. Da questa idea è nato HBC (Home Brewing Calculator), un potente foglio di calcolo che annovera al suo interno, un foglio di calcolo(peso materie prime, steps di mashing e tanto altro), una gestione magazzino che mi permette di tenere sott’occhio il livello di materie prime in giacenza, un pannello dove poter annotare costi di produzione, un calcolatore per la correzione delle acque, un foglio di stampa per avere a portata di mano la ricetta sviluppata e altri strumenti di backup dati.

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Altra novità in fase di studio riguarda l’ammodernamento dell’intero impianto di produzione. Basta pentole di medie-piccole dimensioni, filtri coibentati , travasi rudimentali sempre a rischio di scottature, serpentina in rame… da quest’anno si passa ad un impianto semi-professionale da capacità molto più elevate. Struttura in ferro, fornelloni in ghisa, pentole in acciaio inox, mashing motorizzato, pompa di travaso, sistema di raffreddamento in piastre e fermentatori in acciaio inox. Parlerò meglio del nuovo inmpianto in un post futuro, per il momento segnalo solo questa novità tra le altre precedentemente elencati.

Produzione di quest’anno

Con l’ingresso di Ottobre sono subito arrivate temperature più autunnali rispetto lo scorso anno. Questo mi ha permesso di iniziare la mia produzione di nuove birre. La prima ad essere preparata è stata la Rimasuglio 2.0, una birra pensata … ma neanche tanto, ovvero, una birra creata con le materie prime rimaste in magazzino.

La Rimasuglio nasce dalla miscela dei malti quali Monaco(85%) e Pale(5%). Un altro 5% viene fornito dall’unione di malti aromatici come CaraPils e Biscuit e dall’impiego di Demerara e Saccarosio. Completa il restante 5% l’aggiunta di fiocchi di frumento. L’infusione dei malti viene eseguita rispettando una temperatura enzimatica costante a 62°C per 60 minuti.Terminata la fase di ammostamento il mosto viene filtrato e la componente liquida estratta viene fatta scaldare fino ad ebollizione. Durante la bollitura luppolo neozelandese Nelson Sauvin viene aggiunto per conferire, alla birra, il giusto grado di amaro. Trascorsi 90 minuti il mosto raffredda e viene riversato in fermentatori. Sarà il lievito aggiunto a creare quella magia atta a trasformare gli zuccheri in birra. Infine l’aggiunta di luppolo Amarillo andrà a conferire quelle note floreali ed agrumate percettibili all’olfatto.

Un’altra birra creata in successione è stata la Pater 9. Una Tripel in perfetto stile, solo malto Pils e zucchero con OG pari a 1,084. Il luppolo impiegato per questa birra è lo Styrian Golding per un totale di 30 IBU. La scleta del lievito è ricaduta sul WLP500. Personalmente uno dei miei preferiti. Ho lasciato andare la fermentazione primaria per 7 giorni ad una temperatura di 21 gradi. Per la secondaria ho spinto la temperatura a 23 gradi e dopo altre 3 settimana la FG è scesa a 1,016 per un totale di 9,1 gradi alcolici.

etichetta-v01Terza ed ultima arrivata è la Superior. Birra ancora in fermentazione nasce dalle ceneri della Dark Noel dello scorso anno. Lo stile sempre Dark Strong Ale, una OG pari a 1,082, malti Pale, Pils, Meladoinin, Crystal, Chocolate, Special B e zucchero candito scuro vanno a formare il mosto zuccherino. Per l’amaro, 33 IBU per l’occasione, è stato adoperato Styrian Golding. Per il lievito la scelta è ricaduta sul WLP530. La birra è alla sua terza settimana di fermentazione ed il lievito non ha ancora smesso di lavorare.

Spero il prima possibile di poter fornire qualche foto delle prime due birre, la Rimasuglio 2.0 e la Pater 9. Nell’attesa vi rimando al prossimo post.

A presto e buona birra a tutti.

La Bomboniera che fa gola a molti

Etichetta-Blanche3 OKxstampa“Quale bomboniera regaliamo per il nostro matrimonio?”. Ricordo perfettamente il momento in cui tale problema si presentò alle mie orecchie. Ricordo anche di non averci impiegato più di mezzo secondo a rispondere: “Una birra!”. Anzi, per l’esattezza, due birre!

Idea carina ed originale, ma cosa importante, una bomboniera che difficilmente sarebbe finita come soprammobile tra tanti oggettini inutili ed impolverati.
Etichetta-Orange OKxstampaPer l’occasione sono state prodotte due birre differenti. La prima è una Blanche. Classica ricetta con malto pils, frumento e avena. Luppolo Saaz e lievito belgian witbier 3944. La seconda una APA con malto pils, pale, carapils e luppoli Centennial, Columbus e Cascade. Lievito s-05. Il tutto aromatizzato con bucce d’arancia.

Per il confezionamento mi sono servito di bottiglie formato da 0,5 Lt con tappo meccanico.

Discorso a parte meritano le etichette che sono state disegnate da Yukiko Makita, Graphic Designer operante sul territorio di Milano.

Per completare la decorazione sono stati applicati dei sacconcini di confetti. Infine, tutte le bottiglie sono state disposte in delle cassette bianche in stile vintage.

Comunque, per chi non lo avesse capito, sabato 20 Giugno 2015 mi sono sposato con la mia Linda <link> 😀

Vi lascio con qualche foto scattata da alcuni fortunati presenti alla cerimonia 🙂
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Filtro Bazooka

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Oggi vi voglio descrivere come ho sostituito il mio vecchio filtro Bazooka (visibile nella foto) con uno nuovo costruito utilizzando flessibile per l’idraulica.

Il vecchio tubo in gomma ha fatto egregiamente il suo lavoro fino ad oggi ma il rivestimento in gomma ha cominciato a risentirne delle alte temperature impiegate durante lo sparge. Per questo motivo ho deciso di sostituire il tubo in gomma con dei flessibili per impianti idraulici.

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Nella foto è possibile vedere i componenti che serviranno per la costruzione. Un paio di raccordi, 3 flessibili, un seghetto e qualche fascetta metallica. Per l’attacco alla ghiacciaia filtrante riciclo il “vecchio” raccordo visibile nella foto del filtro in gomma.

Per prima cosa occorre separare il tubo in gomma contenuto all’interno dei flessibili dal rivestimento esterno in metallo. Sarà proprio la maglia esterna che fungerà da sistema filtrante.

Unisco la maglia metallica ai raccordi e fisso tutto con delle fascette.

Il risultato finale sarà come quello visibile nella foto. IMG_3689

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